Bruno Agosti

Biografia

 

Mi chiamo Bruno Agosti sono nato a Livo -Tn- il 17. 08. 1951 e risiedo in questo paese dalla nascita, in fraz. Scanna n° 17.

Coltivo, fin da ragazzino, la passione per la scrittura, compongo poesie e racconti veri e di fantasia, con uno stile che ricorda molto e rispecchia a tratti la mia vita tormentata da tanti problemi, primo fra tutti il mio handicapp al braccio destro ed il mio grave deficit visivo.

La poesia mi ha consentito, nonostante tutto, di sognare:

Sognare una vita normale, fatta di luce di gioia di affetti, di avventure, di viaggi in paesi lontani, di una donna che ti stringe le mani.

Sogni, che la poesia è riuscita ad interpretare e realizzare, dandomi l’ illusione di una realtà diversa, in un attimo fuggente.

Dalla tristezza dei miei scritti, a volte sbocciano anche degli sprazzi di cielo sereno ed in questi brevi tratti azzurri riesco a cogliere e raccontare la gioia di vivere e le bellezze della natura che mi circonda e che amo profondamente.

 

Info- dux2000@live.it

www.brunoagosti.blogspot.it

A CHI

 

Ho ancora bisogno

di donare i miei fiori di campo

per lievi carezze,

per mani intrecciate,

per una sguardo dolce,

che rompe il silenzio del cuore

per non rubare un bacio

 

E porto papaveri rossi

vicino a una croce

per eterni silenzi ,

folate di ricordi ,

per un cuore che ancora chiede,

e non trova pace

 

E si spogliano lenti

i miei fiori di campo,

come giovane donna

in cerca di amori,

e continua, opprimente, il silenzio

nel cuore,

e struggente ritorna il ricordo di lei.

 

E ti regalo il mio libro di tristezza,

di sogni perduti in notti destate

come gocce di sangue

i miei fiori appassiti,

in una torrida arena deserta

dove feriti giacciono i tori

 

 

A chi mai potrò donare i miei fiori ?

 

Diritti riservati.

 

Azzurro

 

Lazzurro del cielo , tra i monti,

mi dona una pace profonda,

se lo copre la nebbia, a momenti,

soffia il vento, a pulire quell’onda…

 

E rimango a guadare quel cielo,

ancora più terso di prima,

vorrei quasi poter prendere il volo,

per salire sulla Tua cima.

 

Il tuo mondo, si bello, o Signore.

Tu l’ hai fatto anche per chi ha sofferto,

per chi in terra cerca più amore,

e al suo posto trova un deserto.

 

Mi pare vero, quello che hai detto,

che il Tuo regno è dipinto d’ azzurro,

e la mia tenda potrei aver fatto,

ma il mio cuore non è ancora puro…

 

Quando l’ azzurro sarà più vicino,

non guardare il mio cuore, Signore,

che è stato rugiada sui fiori, al mattino,

che è stato uno zingaro, ladro damore

 

tutti i diritti riservati

 

 

CROCI

 

Ho camminato la mia vita

fianco a fianco a questa gente,

che mi è vissuta accanto, per anni

dellaltrui pena , sempre indifferente.

 

Eppur lho vista, scrosciare di fede

nel tempio, al Tuo coSpetto

e spander lacrime di pena

guardando gli occhi di un negretto.

 

Li ho visti poi gioire, rinfrancati

Al tintinnio del soldino dentro il cesto

Attenti al Tuo comando di carità,

e come era solenne ed ampio il gesto.

 

Li ho visti poi trascorrere la vita.

a meditar la fede con tanto amore

a cercare il giusto spazio per la carità:

lontano dagli occhi e lontano dal cuore

 

e da solo arranco con le mie croci

tra la pietà di queste brave genti

a muso dure, imprecando, vado avanti

al men sorretto sulla via da sguardi indulgenti

 

Ma poi se guardo alla Tua croce

limprecazione mi rimane li in sospeso:

e non mi dovrei di nulla lamentare,

perché sulla croce, loro Ti hanno appeso

 

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FIORE DI CAMPO

 

 

E quando ti penso,

sei orizzonte infinito,

un mare tranquillo

un cielo intriso di stelle,

un viso, dolce,

uno sguardo,

un sorriso,

tra le cose più belle…

 

Sei armonia nel pensiero,

melodia profonda nel cuore,

tristezza infinita,

di un fiore di campo

che ha sete di amore…

 

E ascolto, la malinconia

del tuo canto di dolore

che trafigge il mio cuore,

malato di tristezza già mia…

Ma ritorna sempre quel canto,

ogni giorno ritorna,

e ogni sera mi narra la vita,

di un fiore di campo…

 

© tutti i diritti riservati

 

Fiori d’inverno

 

E ricordo fiori

d’ inverno,

dipinti sulle finestre,

fantasie, astratte,

del gelo della notte.

 

Il caldo del sasso,

come un grande uovo,

spinto in fondo al letto,

dai freddi piedini,

per far posto al culetto…

 

E una birba di gatto

che ti si infilava sotto,

a rubarti il tepore,

col suo falso rosario

che tutto era, tranne amore…

 

Il vaso sotto il letto,

per far pipì,

che era meglio tenere

fino al mattino,

per non veder gelare

perfino il … pisellino.

 

Erano tempi dimagra

ma erano tempi belli,

latte e patete, al mattino,

poi, piano piano, mia madre,

mi pettinava i capelli…

 

A scuola alle otto, la mattina,

pane e gianduia dallAnetti,

titti in fila, ai dieci minuti,

un sorso d’acqua della vecchia fotana,

tanto studio e tanta disciplina.

 

A mezzodi, si tornava casa, a frotte,

tutti assieme,popi e pope,

si riprendendeva poi all’ una e trenta,

ma lo stomaco e il pensiero,

avevano un comune desiderio :

la polenta…

 

 

Tutti i diritti riservati.

 

 

Il cuore

 

Lascialo libero di giocare,

non ostinarti ad indicargli

un altra via...

lascialo battere, forte,

fino ad impazzire

per due occhi neri,

un viso dolce,

per i suoi capelli

lunghi, al vento ribelli,

per il profumo

improvviso di un fiore,

per un sogno,

per un canto,

che lui solo capire...

Seguilo ovunque,

per la strada del destino,

come si segue un amico fedele,

che ti capisce,

che non ti tradisce.

Nell’ oppio della vita,

lascialo volare libero,

e ti porterà le essenze rare,

che solo lui conosce

che poi tu chiamerai amore...

 

Bruno Agosti

 

Il rosario

 

Dal campanile,solitario,

un tintinnio, lento, monotono,

nelle sere di maggio,

è lora del rosario.

 

Puntuale, la campanella,

rompe laria della sera:

è la Rina, che di lena,

tira nella cordicella.

 

E la gente, unita,

dalla grande fede,

a piccoli crocchi,

raggiungeva la chiesetta.

 

Saliva, lento, la scaletta,

lArcangelo,

dai lunghi baffi bianchi,

e si segnava, con lacqua benedetta.

 

Poi, arrivavano tutti, pian piano,

i miei vecchietti,

con le toppe sui pantaloni,

ed il rosario in mano.

 

Uno scricchiolare di ossa, stanche,

inginocchiate davanti a Lei,

che guardava, con tanto amore,

la fede, vera, di quelle teste bianche.

 

E iniziavano i misteri della croce,

che la Sabina recitava,

con voce ferma e chiara,

rispondevano, i miei vecchi,

a bassa voce…

 

Ricordo i loro volti, santi,

la serenità di quei sorrisi,

vissuti con gioia ed onestà,

pronti a pertire, senza rimpianti…

 

Sono volti, famigliari, seno nomi,

che scorrono, pagine di ricordi,

di un libro, ancora aperto,

ma con vicino, già, due lumi.

 

Salve Regina!, Ti saluta un coro,

dalla grande fede e dalle poche cose,

e se ne torna, lento, al focolare,

e Tu Regina, non ti scordar di loro…

 

Vorrei avere quella fede, vera,

di quel tempo, quando era maggio,

come i miei vecchi, nella chiesetta,

col loro rosario, recitato, la sera…

 

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Il vento

 

Folate di vento, freddo,

che viene dallest,

a violentare bianche betulle,

per portare un pensiero di malinconia.

Vento, che scompiglia lunghi capelli,

che alza una gonna di ricordi,

che diffonde un profumo di donna,

dolce, che hai già nellanima

e ritornano attimi , intensi,

di mani sudate , che cercano seni,

fremente, il cuore impazzito,

per un dolce gioco d’ amore.

 

Il vento che viene dal mare,

è una brezza che mi scioglie i pensieri,

una lieve carezza nel cuore,

un dolce motivo di vita,

un canto di gioia, al tramonto…

E da quel vento mi lascio cullare,

finchè ancora continua il mio tempo,

perché ho ancora bisogno di amare, ,

perché soffia, di nuovo, quel vento…

 

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IL VIOLINO

 

Mi accompagnava,la sera

un suono vibrato di violino

pizzicato da dita di nostalgia

della lontana terra dUngheria.

Ascoltavo in silenzio, quel canto

di malinconia struggente

che volava misto ai profumi

di una salsa lontana

e mi entrava nel cuore

come un tiepido vento dell’ est

che rompe i ghiaccioli pendenti

per dare vita all’ inverno.

 

Quel lamento dolce ed intenso

che riempiva di note la sera,

come il pianto d’ un bimbo che nasce

come un volo di farfalla leggera.

Il Natale rendeva più bianco

con il cuore che brama la pace,

più lieve il mio passo stanco

un violino , una vibrata preghiera.

 

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L’ ARMONICA

 

 

Un pensiero, intenso, al tramonto,

quasi un magico gioco di bimbo.

che allunga una piccola mano

a cercare capelli, mossi dal vento

 

e l’ armonica, piange, una melodia,

triste, affidata ad un vento leggero,

che porta via le note, come rondini,

al tramonto, malate di nostalgia:

 

dell’ azzurro di quel mare, lontano,

di due occhi che brillan , sinceri,

di una voce dolce e decisa,

di chi un giorno, ti ha teso la mano

 

Larmonica continua il suo canto,

con un suono più dolce, più lieve,

perché si sciolga più in fretta la neve,

perché ricrescano i fiori nel campo…

 

primavera, poi giunga, impetuosa.

con la gioia, la vita, i suoi fiori.

a portare la pace nei cuori,

e un armonica suona, gioiosa…

 

 

LA LUNA CHE PIANGE

 

Ci sono notti di luna,

che piange,

rossa come il fuoco,

ubriaca del mio dolore,

che sale in alto,

fin lassù,

a cercare attimi, ricordi,

di infinita dolcezza

mani che si crcano,

sguardi, intensi,

carezze nei lunghi capelli,

struggenti ritagli, di vuoti

ricordi.

E tu, luna che piangi, con me,

quei momenti, perduti,

di sere d’ estate,

con le lucciole intorno,

che le illuminavano il viso,

dal sorriso, triste,

e la brezza, irrequieta,

che scompiglia i capelli,

lasciami salire, lassù,

vicino a lei…

 

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LA PIOGGIA

 

Cade lenta e leggera,

la pioggia, a primavera,

a risvegliar verdi germogli,

che all’ alba, sonnacchiosi,

si offrono al cielo.

Cade, cade e tutto bagna,

goccioline senza fretta,

e nessuna si tocca, o si perde,

poi tutto, ritorna verde…

 

Scroscia, in estate, la pioggia,

sibila, tra un lampo e un tuono,

picchia, sui tetti, tra i rami,

si abbatte sulle spighe di grano.

Ti gioca sul viso, Impertinente,

ti entra nel corpo, in un baleno,

ti ridà fiato, dal caldo cocente,

e la tua donna, puoi strigere al seno

 

La pioggia dautunno è intensa e greve,

non gioca più con te, non si diverte,

come la vita è una stagione breve,

il tempo di fare una partita a carte.

E’ tempo di conti, del tuo bilancio,

mentre rimbomba lontana la roggia,

l’ anno che viene, devi avere più slancio,

e fuori, sul tuo mondo, cade la pioggia

 

La pioggia, d’ inverno, è dolce ed è lieve,

non bagna, non picchia, e viene giù lenta,

son bianchi cristalli di morbida neve,

il paiolo sul fuoco, sapor di polenta.

Tutto ricopre, col suo candido manto,

come una spugna, tutto cancella,

per presto tornare ad un nuovo canto,

e bagnare ancora un erba novella…

 

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LASCIA CHE SIA

 

 

Quando verrà il Tuo cielo,

Signore ,

lascia che ci sia per me

un momento di gioia,

magari solo uno,

se non è irriverente

chieder tanto...

 

Avrò, tra le mie mani tremanti,

una rosa rossa,

da donare alla mia amata .

E lascia che sia amore ,

solo amore, quel momento :

Lasciami rivedere il suo viso dolce,

lascia che i nostri occhi

si incontrino ancora un attimo…

lascia che accarezzi i suoi capelli,

lasciami baciare le sue labbra,

e lascia che sia amore ,

solo amore,

per una volta ancora...

 

Posarò la mia rosa

sul suo seno,

stringerò forte la sua mano,

e poi andrò via …

ma per un istante,

lascia che sia …

 

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Piccoli indiani

 

Non abbiate timore, piccoli yankee,

di correre con noi, nei verdi pascoli

cosparsi di totem e tende abbandonate,

dove il freddo e i fucili non fanno più paura,

se bevete questacqua di fuoco,

dove larco giace assieme al calumet della pace ormai spento,

vicino alle frecce spezzate

 

Ora siamo tutti piccoli indiani,

trafitti dalle frecce del nostro tempo,

che non abbiamo capito allora,

che non riuscite a spiegarci ora,

ma lasciateci giocare assieme !

 

Un mesto tam, tam, di tamburi di guerra,

il pianto delle madri, oltre le colline,

una selva di fiori e palloncini,

il cane che abbaia e vi cerca

per giocare ancora…

 

Rose di Natale

 

 

 

Lascia che siano verdi, i tuoi pascoli, Signore,

per due fiori, che hai colto a Natale,

lascia che sia eterno il loro amore,

dove in eterno è concesso sognare.

 

E non era, forse, nemmeno Natale,

per quei due fiori venuti di ,

ad insegnarci, che in fondo è uguale,

che il vero Natale è l’ onestà.

 

Ci hanno insegnato che il vero amore,

nulla chiede, che è tutto un dono,

per questi due fiori, lascia, o Signore,

che nei Tuoi verdi prati, prosegua quel sogno…

 

 

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Dedicata a due giovani fidanzati rumeni morti asfissiati dal monossido di carbonio i giorni di Natale.