Un mondo da salvare

La storia del prato verde.

 

C'era una volta una bambina di nome Michelina. Amava la natura e faceva lunghe passeggiate immersa nel verde dei prati. Un giorno, in una delle sue escursioni, arrivò in un bellissima radura verde a lei fin’ora sconosciuta. Quale meraviglia! un’immensità di fiori dai mille colori, farfalle ed api che volteggiavano su di essi felici . Michelina, che non aveva mai visto nulla di così bello in vita sua, ne rimase incantata e rientrò a casa contenta.

Naturalmente raccontò a tutti l’esperienza appena vissuta attirando la curiosità della gente che si precipitò a vedere quella meraviglia.

Ma, come si sa, non tutti sanno rispettare le bellezze del creato… qualcuno, attirato dal luogo, pensò di fermarsi per un bel picnic in mezzo alla natura e, terminato il pranzo, se ne andò lasciando sul posto cartacce, bottiglie di plastica e ogni ben di Dio.

Il prato ben presto si trasformò in una discarica a cielo aperto. L'erba iniziò a diventare gialla, i fiori soffocati dall'immondizia morirono giorno dopo giorno. E così pure gli insetti prima numerosi.

Michelina, ignara dell’accaduto, ritornò dopo un bel po’ di tempo e vide lo scempio fatto alla natura. Attonita e disperata si mise a piangere pensando:

  • Dov'è finito il mio bellissimo prato verde? Ora è tutto distrutto dall'immondizia!

Tra le lacrime individuò l’ultima margherita sopravvisssuta a tale disastro: il fiore, sbiadito nel suo colore inziale, respirava a fatica e tossiva forte.

La piccola si chinò e chiese: -" Cosa posso fare per te? E tutta colpa mia! Avrei dovuto starmene zitta! "

La margherita con un filo di voce replicò:

- Per me non puoi far più nulla bambina: sto morendo! L'immondizia mi ha tolto il respiro. Tu però, una cosa la puoi fare... pulisci questo prato e vedrai, che con il tempo tornerà ancora verde. Un giorno, quando sarai grande, potrai insegnare a tutti il rispetto della natura. Bastano poche azioni corrette e condivise come gettare l'immondizia ne gli apposite contenitori e salvare , in tal modo, dall'inquinamento tanti prati verdi. Questo lo puoi fare tu! Aiuta la natura a sopravvivere! "

Ed il fiore, stremato dallo sforzo, esalò l’ultimo respire piegandosi su se stesso. Michelina pianse disperata, ma si ripromise di ascoltare il consiglio datole per salvare la natura.

Rientrò velocemente a casa triste ma determinata: preso guanti, sacchi per l'immondizia, un bastone con la punta e tornò velocemente nel prato, animata da una forza nuova.

Qui si mise a raccogliere l'immondizia dividendo coscienziosamente resti alimentari, plastica, vetro, lattine e carta .

Qualcuno, incuriosito, l'aveva seguita e, dopo averla osservata, seguì il suo esempio. Il prato, grazie alla collaborazione di molti, fu quindi ripulito ma … ci volle tempo prima che la natura riprendesse a vivere .

Michelina, in cuor suo, sapeva di aver adempiuto al proprio dovere.

E questa sensazione non la abbandonò mai: divenuta adulta, ben consapevole che la natura è un bene prezioso di cui tutti devono goderne, insegnò a mettere in atto semplice gesti dettati da responsabilità e rispetto..

 

L'orso spazzino.

 

C'era una volta un orso bruno di nome Gigi: fin da piccolo, la mamma gli aveva insegnato a rispettare la natura e a non buttar nulla per terra. Ed egli, avendo imparato bene la lezione ne fece sempre tesoro.

Mai avrebbe pensato che un giorno tutto questo, sarebbe potuto diventare, per lui, un lavoro. Nel bosco dove viveva veniva sempre tanta gente a passeggiare : nonostante ci fossero gli specifici cartelli molte persone. incuranti dei divieti, perseveravano a gettare ovunque qualsiasi cosa.

Gigi li seguiva a debita distanza e mentre loro proseguivano la camminata, lui raccoglieva l'immondizia e la buttava nei contenitori.

Un giorno, esasperato da questa situazione, si fece sentire dalle persone. Loro si voltarono intimorite dalla sua presenza e rimasero ferme ad osservarlo. Gigi disse loro: " È mai possibile, che voi gettiate sempre tutto per terra nonostante i cartelli di divieto!? Non avete nessun rispetto per la natura! Cosa pensate eh... che il bosco si mantenga pulito da solo? Se non ci fossi io... qui sarebbe una discarica a cielo aperto! Venite con me, devo mostrarvi una cosa! " Le persone lo seguirono ammutolite.

Gigi le condusse oltre il bosco dove c'erano degli alberi con le foglie ingiallite. Fece vedere loro lo scempio perpretato dall'uomo in quella zona. Era una visione terribile!

I presenti compresero il messaggio e si vergognarono parecchio delle azioni commesse.

Gigi, notato il loro pentimento, li ammonì ulteriormente dicendo : " Insegnate ai vostri figli a rispettare la natura per avere un mondo migliore dove vivere. Date voi, per primi, l'esempio! I bambini impareranno dai vostri gesti e la natura vi ricompenserà ! "

L’orso rientrò nella sua tana e gli abitanti del villaggio , da quel giorno, si comportarono con più civiltà.

Ma ci voleva un animale per insegnar loro l'educazione? Non sarebbe bastato un briciolo di senso civile?

 

Il foglio di carta.

 

Martino, bambino allegro e vivace, amava passeggiare nei boschi e poichè gli piaceva tanto disegnare portava sempre con sè album da disegno, matita e gomma. I suoi disegni erano davvero bellissimi! Un giorno andò nel bosco a passeggiare e portò con se l’occorrente ma, stranamente, dimenticò la gomma per cancellare. Camminò lungo il sentiero e poi, si fermò a sedere in una delle panchine disseminate ai lati del bosco per disegnare. Aveva già tratteggiato buona parte del disegno quando s'accorse d'aver sbagliato. Cercò nelle tasche la gomma convinto di averla portata con se, ma non la trovò. Arrabbiato per questa sua dimenticanza strappò via il foglio, lo arrotolò e lo gettò per terra. Il foglio di carta appallotolato si ridistese e tornò come prima. Si radrizzò in piedi e camminando a passo di robot si avvicinò al piccolo. Con uno dei due angoli verticali toccò la gamba, ma il bimbo non ci badò. Il fogilo lo punzecchiò e disse a Martino " Ehi, tu! Perchè mi hai gettato per terra? Lo sai, che è uno sbaglio grande! " Il piccolo a testa china esclamò: " Scusami, ma non lo sapevo! Mi puoi dire, perché ho sbagliato? " " Volentieri " disse il foglio e con un balzo saltò sopra la panchina a fianco del piccolo e iniziò a spiegare dicendo: " Ci sono tanti motivi, per cui, ti ho detto, che hai sbagliato a gettarmi per terra. Uno di questi è semplice: non si deve sporcare il bosco con cartacce, plastica e vetro. Fa male agli alberi e ai fiori, che qui crescono e anche agli animali. Un altro motivo è il seguente: io sono un foglio di carta e se fa troppo caldo posso anche prendere fuoco e questi alberi brucerebbero in un attimo: qui non crescerebbe più nulla per tanto tempo. C'è anche un motivo ancora più importante per cui non devi gettarmi a terra. Tu lo sai, che un foglio di carta si fa con il legno degli alberi? " Il bimbo, scuotendo la testa negò di sapere e così, il foglio proseguì dicendo: " La carta viene fatta dagli alberi. Persone esperte, che lavorano nelle cartiere trasformano il legno in un foglio di carta e per questo vengono tagliati tanti alberi. C'è chi, però, ha creato dei contenitori dove gettare la carta usata per rigenerarla e poterla poi riutilizzare. In tale modo si salvano altri gli alberi. Hai capito ora, perché non devi gettarmi per terra? "

Il piccolo aveva compreso bene e si era anche vergognato di quel gesto fatto senza pensarci, ma a lui nessuno aveva mai insegnato, che un pezzo di carta poteva essere ancora utile. Raccolse il suo foglio e arrotolatolo di nuovo lo mise in tasca .Sulla strada di ritorno trovato un contenitore per la carta vi gettò il foglio, che cadendo disse: " Grazie!! Hai fatto la cosa giusta!! "

 

 

La bottiglia di vetro.

 

C'era una volta, una bottiglia di vetro verde. Era una di quelle classiche bottiglie che contenevano vino. Giaceva da ormai parecchio tempo sul ciglio della strada vicino a una siepe. Praticamente era lì dalla fine dell'anno gettata da qualcuno di passaggio, magari anche ubriaco. Ogni volta, che passava qualcuno sul marciapiede vicino alla siepe, la bottiglia iniziava a lamentarsi con la speranza, che ci si accorgesse di lei, ma non c'era nulla da fare. Tutti tiravano dritto fingendo di non sentire i suoi lamenti. Un giorno, stanca di essere ignorata si mise a piangere. Un bimbo che passeggiava solo si guardò attorno cercando di capire da dove provenissero i lamenti. Notata la bottiglia che piangeva esclamò: " Ah!! Ma, allora, sei tu che piangi! Come mai? " La bottiglia rispose fra i singhiozzi: " Piango, perché sono stufa di rimanere qui per terra. Questo non è il posto adatto a me e nessuno lo capisce!" Il bimbo chiese: " Ma, come sei arrivata in questo posto? " " Semplice! "- esclamò la bottiglia - " Sono stata gettata qui da un ubriaco! " Il piccolo chiese: -" Da quanto tempo ti trovi qui? "

  • " È dall'ultimo dell'anno e sono già sei mesi, che giaccio qui a terra! " rispose la bottiglia.

Il piccolino curioso proseguì:-" Perché ti lamenti solo ora? "

- " Non mi lamento solo ora! Mi sono lamentata tutti i giorni,ma tutti passano di qui e fanno finta di non vedermi .Così oggi mi sono messa a piangere e tu, mi hai sentito. Meno male, che ti sei accorto di me! "

Il piccolino sorrise e chiese: -" Ma, cosa posso fare io, per te? "

-"Dovresti raccogliermi e gettarmi nelle campane per il vetro! " rispose in modo schietto la bottiglia.

Il bimbo, però, replicò dicendo:-Ma, perché devo farlo proprio io? Non sono mica stato io a gettarti là! "

-" Hai ragione! È vero, che non sei stato tu a gettarmi qui, ma tu puoi dare l'esempio agli altri raccogliendomi e gettandomi nella campana per il vetro. Se non lo fai tu, io continuerò a rimanere qui inquinando il terreno e rischiando di far anche del male a qualcuno se mi frantumo in tanti pezzi. Il vetro è tagliente! Se, tu, invece, mi riponi nell’apposita campana, posso tornare ancora utile, perché i miei pezzi di vetro, nuovamente lavorati possono ancora trasformarsi in bottiglia o altri oggetti di vetro. Capisci, che così, mi sentirei più utile anch'io? " Il bimbo, allora, disse:

- " Hai ragione... non ci avevo pensato! " e si chino e fece quanto gli era stato chiesto.La bottiglia scivolando gridò al piccolo: " Grazie! Ora sono felice! " Il bimbo tornò a casa soddisfatto di aver compiuto una buona azione. Fine.

 

 

 

Il barattolo di metallo.

 

C'era una volta un barattolo di metallo ormai arruginito, che era finito a suon di calci in un prato: un tempo era servito a contenere della buona e gustosa macedonia. Una volta vuoto era stato portato vicino ai contenitori dei rifiuti per esservi gettato, ma il bimbo, che lo teneva in mano, non sapendo in quale cassonetto inserirlo pensò di lasciarlo a terra.

Il giorno dopo ci fu un forte vento che fece rotolare il barattolo lontano tanto da finire sul lato di un marciapiede della strada maestro. Dei ragazzi, che passavano di là, si misero a prenderlo a calci. Per una buona mezz'ora passò da un piede all'altro . Provò inutilmente a lamentarsi: nessuno lo stava a sentire o, almeno, fingeva di non sentirlo.

Alla fine, uno di loro diede un calcio talmente potente da farlo volare al lato opposto della strada da dove rotolò finendo a cadere in un bel prato morbido. Tutto ammaccato e dolorante, il barattolo rimase lì ad aspettare. Passò un giorno, passò una settimana, passarono mesi e infine anni: il barattolo di metallo , ormai tutto deformato, era ancora su quel prato. Pioggia, vento, neve, freddo e caldo finirono con l'indebolirne il metallo. Nessuno si era curato di lui nonostante avesse cercato in mille modi di attirare l’attenzione dei passanti. Il suo bel metallo una volta lucido come l'argento si era ora tutto arrugginito. Piantato ormai nella terra, le formiche ne avevano costruito all’ interno il loro nido dove abitavano beate. Il barattolo non ne poteva più di quella vita assurda . Giunse al culmine della sopportazione il giorno in cui un bimbo correndo nel prato, proprio per caso, lo colpì forte con il piede tanto da staccarlo da terra . Arrabbiato, il barattolo gridò: -" Questo è il colmo! Non vedi dove metti i

piedi? "

-“Scusami!” disse il bimbo guardandosi attorno.

Il barattolo replicò:- " Sono vicino ai tuoi piedi... sono io, che ti parlo! "

Il bimbo si piegò sulle ginocchia guardando il barattolo disse: " Non ho fatto apposta, prima, a calciarti è... che proprio non ti avevo visto e sono inciampato! "

-" Eh! Sì! Scusa, scusa però io intanto prendo calci e nessuno fa niente per me! "

- " Ma io, che c’entro in tutto questo? " replicò il piccolo e aggiunse: " Io non sapevo nemmeno, che tu eri là e correndo non ti ho nemmeno notato: se ti avessi visto avrei evitato di venirti adosso e me ne sarei andato per la mia strada! "

-" Bravo... così io continuavo a rimanere piantato in terra, vero? Non è questo il luogo adatto per me... sai? "

-" E cosa ci posso fare io, se sei finito qui? " esclamò ad alta voce il piccolo.

-" Scusami! "-replicò il barattolo -" Mi sto arrabbiando con te che non hai nessuna colpa se non quella di avermi dato un calcio! È vero... tu non c’entri nulla col fatto, che sono finito qui, però, se mi raccogli e mi porti con te, ti insegno io dove depositarmi. Mi vuoi aiutare? "

Il piccolo acconsentì. Si chinò per raccoglierlo, ma il barattolo lo fermò dicendo: " Fermati... sono rotto e ammaccato! Ti potresti tagliare e farti molto male! Hai dei guanti con te? " " No! " rispose il piccolo, però, messe le mani in tasca ne tolse una borsa di plastica e disse: " Potrei raccoglierti aiutandomi con questa! " " Ottima, idea

" disse il barattoli e così, il bimbo, dopo averlo raccolto s'incamminò con il barattolo nella borsa. Intanto il barattolo raccontando la sua infelice storia insegnò al piccolo la strada per andare ai magazzini del comune dove avrebbe potuto lasciarlo. Il ragazzo obbedì. Il barattolo di metallo, finalmente, si sentì a casa sua e insieme a tanti altri barattoli attese di essere portato via in un luogo sicuro dove uomini esperti li avrebbero rigenerati e resi ancora utili.

 

Il mozzicone di sigaretta.

 

Era domenica: Filippo si trovava in viaggio con i suoi genitori poichè avevano deciso di fare una gita in montagna fra boschi e prati stupendi.

Il tempo era splendido e tutto andava a meraviglia. Durante il viaggio il bimbo osservava incuriosito il paesaggio che scorreva sotto i suoi occhi.

Papà guidava con molta prudenza, parlando serenamente; di tanto in tanto, fischiettava un allegro motivetto .

Madre e figlio sorridevano felici. Dopo aver attraversato alcuni paesi in pianura la strada inziò a salire e divenne piuttosto ripida e piena di curve. Ma il paesaggio che la circondava ripagava lo sforzo di quel viaggio: pini, abeti, faggi, larici, pioppi coloravano di varie tinte la montagna.

Filippo vide persino un capriolo che, uscito dalla macchia , si era fermato un istante sul ciglio della strada per poi sparire di nuovo nel fitto del bosco.

Fu un'emozione unica per il piccolo! Dopo tante curve, finalmente giunsero ad una baita circondata da maestosi abeti. Era una bella casetta tutta di legno rallegrata da coloratissimi fiori posti sui davanzali.

Parcheggiata l’auto la famigliola s'incamminò dietro la baita dove il bosco di abeti faceva da corona:un sano profumo di resina li avvolse.

Il papà, per rilassarsi e scaricare la stanchezza del viaggio, accese una sigaretta ignorando i cartelli di divieto posti in tutta la zona.

Filippo, non sapendo leggere, non poteva sapere che il suo papà stava sbagliando nel fumare.

Una boccata dopo l'altra la sigaretta si esaurì in fretta . Ne restò un mozzicone che l'uomo , senza riflettere, gettò lontano fra gli abeti. Ed i tre tornarono alla baita per pranzare.

Sotto gli abeti , su un bel tappeto di aghi secchi giaceva il mozzicone che,a prima vista, sembrava spento, ma era solo apparenza!

Piano piano, sotto di esso, gli aghi secchi degli abeti si annerirono sprigionando un piccolo soffio di fumo.

Filippo e la sua famiglia , al termine del pranzo, fecero una breve passeggiata nei dintorni e rientrarono poi ignari di ciò che stava per accadere. Il piccolo soffio di fumo si ingrandì sempre di più, gli aghi cominciarono a scoppiettare.

Da questo crepitio, tutto d'un tratto, scaturirono le prime lingue di fuoco che presero a bruciare tutto quello che c'era vicino e ad alimentarsi sempre più. Il fuoco si allargò in poco tempo divorando tutto ciò che incontrava nel suo cammino. Il padrone della baita si accorse solo in quel momento del pericolo e chiamò i vigili del fuoco: ormai l'incendio era divampato in modo spaventoso. Le lingue di fuoco erano enormi. Il padrone della baita mise in salvo se stesso e i suoi clienti. Tutt’intorno era un'immagine paurosa.

Il fuoco stava distruggendo una larga fetta di bosco. I vigili del fuoco lavorarono alacremente per spegnere l'incendio usando anche gli elicotteri canader.

Ci vollero due giorni e due notti per tornare alla normalità e, alla fine, non rimase che una enorme chiazza nera che si vedeva da lontano.

La notizia di quel disastro comparve su tutti I giornali : fu così che il padre di Filippo apprese la notizia.

Leggendo l’articolo con molta attenzione si ricordò del mozzicone di sigaretta, che, proprio lui, aveva gettato a terra. E si rese conto di essere il responsabile di quell disastro.

Quel medesimo giorno riunì attorno a sè la famiglia ed esordì dicendo : - '' Vi ricordate quel giorno in montagna? Ho letto ora il giornale e ho saputo che c'è stato un incendio. Quel giorno, ho fatto una cosa stupida, la più stupida che potevo fare e, ora, mi sento in colpa. ''

Filippo lo interruppe:

-'' Cos’ hai fatto papà? ''

- '' Ho fumato senza rispettare i cartelli che lo proibivano e, come se non bastasse, ho gettato a terra il mozzicone di sigaretta. E’ un gesto che non avrei mai dovuto fare, perché a causa di questa mia imprudenza è scoppiato un incendio che ha distrutto quel posto meraviglioso. Mi sono comportato da incivile! La natura va rispettata! Ora non mi resta che pagare il conto dei danni che ho provocato. Sono stato imprudente ed un incosciente, Filippo! Non prendere esempio da me e non fare mai quello che ho fatto io! ''

Il papà di Filippo aveva capito il suo errore e, nello stesso tempo, aveva dato una lezione importante al figlio assumendosi la propria responsabilità.

Da quell’errore nacque anche un proposito: non avrebbe mai più fumato in vita sua.

 

 

Il nonno insegna.

 

-'' C'era una volta, tanto tempo fa... '' Il nonno stava raccontando una favola a Carlo: si parlava di montagne e dei suoi fiori. Al piccolo piaceva e rimase ad ascoltarlo rapito. Ad un certo punto intervenne: - '' Nonno...''-'' Dimmi Carlo, cosa vuoi? ''

- '' Domani se c'è il sole mi porti in montagna? Mi piacerebbe tanto vedere i fiori! '' '' Ed il nonno: -Vediamo... dobbiamo chiedere ai tuoi genitori! Ora dormi, che è tardi! ''

Con dolcezza rimboccò le coperte al nipote, gli dette la buona notte, spense la luce e scese di sotto dove la figlia ed il marito stavano riordinando la cucina.

Entrando esclamò: -'' Si è già addormentato! ''

-'' Grazie, papà! '' rispose la figlia e lui aggiunse:

-'' Mi ha chiesto di portarlo in montagna domani, cosa faccio? ''

- '' Portalo pure! '' fu la risposta pronta del papà di Carlo, che aggiunse: '' Una passeggiata in montagna gli fa bene, perché così vede cose nuove e con te impara. Ne sono sicuro! ''

Anche la figlia approvò e l'anziano organizzò con loro la passeggiata. Al mattino il vecchio si alzò presto e preparò gli zaini. Anche Carlo, stranamente, si alzò presto e di buon umore. Scese dal letto e corse giù per le scale portando con sé il suo orsacchiotto. Vide il nonno con gli zaini e esplose di gioia: -'' Allora andiamo!! ''

–“Certo... ma prima ti devi vestire e far colazione! '' Senza protestare il piccolo eseguì gli ordini e poi partirono per la grande avventura. La camminata era piuttosto lunga, ma il bimbo appariva pieno di energie. Ogni tanto superava il nonno, che però lo richiamava e gli insegnava: -'' Sei troppo piccolo per camminare davanti a me, anche perché, non conosci i pericoli della montagna. Devi stare al mio fianco e darmi la mano. '' Carlo obbedì; il sentiero li stava portando in cima ad un altopiano dove l'uomo era sicuro di trovare i fiori più belli.E fu proprio così.

Arrivati quasi alla meta fu uno spettacolo per entrambi. Vicino alle siepi e dentro i boschi c'erano tantissimi ciclamini che emanavano un intenso profumo.

Il bimbo appena li vide si chinò per raccoglierli, ma il vecchio svelto lo fermò:

-'' No! Non raccogliere i ciclamini! ''

- '' Perché? '' chiese sorpreso il bambino.

-'' Perché è un fiore protetto. Se tutti lo strappassero via un domani non ci sarebbe più l'ombra di questi bei fiori. Un tempo venivano raccolti in modo indiscriminate: c'era chi non si limitava a prendere i fiori, ma strappava anche la patata.

Così facendo si videro sempre meno ciclamini. Per questo motivo si è intervenuti creando questo divieto di raccolta.E’ l'unico modo per proteggerli e ora se tu li vedi è solo per merito di questa regola. Ricordati che chi ama la montagna le lascia i suoi fiori, perché tutte le generazioni future abbiano la possibilità di godere di queste meraviglie del Creato. Hai capito perché prima ti ho fermato? ''

-'' Sì! Ho capito bene, nonno, cosa intendevi dirmi. Stavo anche per chiedere cosa voleva dire protetto, ma tu me lo hai spiegato bene. Nonno sta tranquillo... non raccoglierò questi bei fiori, perché voglio che tutti li possano ammirare! ''

-'' Bravo... se tutti fossero come te! '' In cima all'altopiano c'era una baita e, mano nella mano, proseguirono sereni verso quella direzione. Altri fiori li

attendevano e Carlo, curioso, chiedeva i loro nomi. Vicino alle rocce che facevano da cornice al sentiero crescevano anemoni, ranuncoli, campanelle, felci rigogliose, genziane, qualche viola e una primula solitaria spuntata in ritardo. Verso il prato ogni

tanto si vedeva qualche cespuglio di rododendro. Da lontano intravidero un cuffo di cardi. Nelle vicinanze della siepe c'erano anche i crocchi, ma il fiore che colpì di più il bimbo per la sua altezza e bellezza fu il giglio del monte dal colore candido come la neve. Carlo si limitò ad osservarlo:aveva capito, che era più bello vederlo lì che raccoglierlo.

Giunsero alla baita dove sostarono per il pranzo. Nel pomeriggio il nonno condusse il nipote nel retro della baita.

Poco lontano si innalzavano degli spuntoni di roccia e su quei sassi c'erano dei garofani profumati, ma si trovavano ancora genzianelle e campanelle.

In alto, sopra gli spuntoni si intravedeva qualche stella alpine solitaria . L'uomo disse che anche quest’ultimi erano fiori protetti. Il piccolo ascoltò tutti gli insegnamenti. Giunsero così dietro il costone dove c'erano ancora chiazze di prato ricoperte di neve perchè qui il sole arrrivava tardi e durava poco.

Fra la neve spuntava l'erica. Negli spazi verdi, invece, c'erano dei narcisi selvatici profumatissimi. Carlo si chinò per sentirne il profumo e il nonno, temendo che volesse raccoglierli, lo rimproverò. Il piccolo quasi piagnucolando esclamò:

- '' Nonno! Io non volevo raccoglierli. Volevo solo annusare il loro profumo! ''

-'' Scusami... avevo frainteso ''

-'' Ho capito cosa volevi dirmi prima, quando stavo per raccogliere i ciclamini. I fiori sono belli da vedere nel luogo in cui si trovano e lì vanno lasciati in modo che tutti li possano ammirare. È vero nonno? ''

Il vecchio sorrise e bonariamente disse: -'' Certo... è quello, che volevo insegnarti. Mi auguro che lo ricordi per tutta la vita e un giorno, quando sarai grande tu possa insegnarlo pure ai tuoi figli. La montagna bisogna rispettarla perché è un bene di tutti! ''

-'' Nonno! Se tutti fossero come te... si vivrebbe meglio! ''

Fra loro ci fu un abbraccio. Dettero un'ultima occhiata ai fiori e tornarono a casa felici e contenti. Il piccolo, entusiasta, raccontò ai suoi ciò che aveva visto e imparato ed entrambi ringraziarono il vecchio per la bella lezione di saggezza impartita al piccolo Carlo.

 

 

Una gita nel parco.

 

Era una bella giornata di sole:la maestra, per quel giorno, aveva organizzato una gita nel parco. Nei giorni precedenti aveva preparato i suoi alunni a questa escursione.

Un’impresa tutt’altro che facile poichè si trattava di una classe molto impegnativa : i bambini erano assai vivaci, facilmente distraibili e poco dotati per lo studio. Bisognava faticare parecchio per attirare e trattenere la loro attenzione. Tuttavia, quando l’insegnante aveva parlato di quella possible uscita, chissà perché, furono tutti molto attenti e non vedevano l'ora che la gita avesse luogo .Finalmente, quel

momento arrivò. Un pulmino li portò all'ingresso del parco e ,ad attendere la piccola comitiva ,c'erano tre guardie forestali. Appena scesi si scatenarono. L'insegnante ebbe il suo bel da fare per riportarli all'ordine. Quando la classe si ricompose , un graduato delle guardie forestali spiegò loro cosa andavano a vedere e quale comportamento avrebbero dovuto tenere. Sembrarono subito molto coinvolti. S'incamminarono così all'interno del parco. Dapprima rimasero zitti, ma non appena videro il primo uccello qualcuno, a voce alta, esordì:

-" Guardate! c'è un merlo! "

I poveri uccelli svolazzarono impauriti protestando contro chi aveva osato disturbare la loro quiete. La guardia, che fungeva da cicerone,intervenne in loro difesa:

-" Vi prego di rimanere in silenzio! È come se stessimo entrando in casa altrui. Bisogna aver rispetto per gli abitanti del bosco! "

Dopo questo giusto rimprovero la passeggiata proseguì. Ci volle un po' prima di riuscire a vedere un coppia di cervi che si stava abbeverando in un laghetto artificiale costruito appositamente per loro. Una bimba fece ad alta voce un'esclamazione di stupore: '' Guardate... che belli! Due cervi! " Non fece a tempo di terminare la frase che i due esemplari fuggirono spaventati nel bosco. Questa volta fu la maestra ad ammonire i suoi alunni:

-" Bambini...! Non è possibile che vi comportiate così male! Bella figura mi fate fare! Dovete aver rispetto per questi poveri animali e comportarvi in modo civile, educato. Trattenete queste grida incontrollate anche se capisco il vostro stupore!

Se vogliamo vedere altri animali dobbiamo farlo in punta di piedi e nel rispetto più assoluto. Mi auguro che questo sia l'ultimo richiamo per voi altrimenti mi vedo costretta, mio malgrado, a sospendere la visita al parco. Siamo intesi? ?? "

Abbastanza vergognati per questo ennesimo richiamo, a testa china, annuirono tutti. Finalmente si resero conto del loro errore. La visita al parco proseguì senza più schiamazzi e gli animali, di tanto in tanto, si facevano vedere regalando grandi emozioni a tutti. Fu un sollievo sia per la guardia che per l’insegnante constatare che, finalmente, i bambini si comportavano in modo corretto . Per gli alunni fu un'esperienza molto istruttiva perché insegnò loro l’autocontrollo, l'educazione ed il rispetto per gli abitanti del bosco. E, da quel momento, le cose andarono meglio anche a scuola.

 

 

 

Un bosco da salvare.

 

Mirco aveva otto anni e amava passeggiare nel bosco poco lontano da casa sua. Gli piaceva tanto immergersi nella natura e sentirne i suoni ed i profumi. Nel bosco ci andava spesso da solo e, talvolta, con il nonno che gli insegnava a riconoscere le varie specie di animali che lo abitavano. Il piccolo, curioso ed attento, imparava in fretta. Quel bosco era pianeggiante per cui, passeggiarvi al suo interno, era un vero piacere. Il bimbo incontrava spesso qualche anziano che, come lui, sapeva gustare il piacere di imergersi nella natura ed assaporarne le numerose sfaccettature. Si fermava spesso a chiacchierare con loro e così scopriva racconti i segreti…

Uno di loro gli insegnò perfino a riconoscere il canto degli uccelli. Il bimbo imparò con piacere poichè, in mezzo agli alberi, si sentiva sereno, felice, a proprio agio:era come essere a casa propria. Un po' alla volta divenne amico di tutti gli animali che incontrava. Gli uccelli, appena lo vedevano arrivare, lo salutavano in coro e lui ricambiava i loro saluti. Una mattina, mentre Mirco era a scuola, vennero nel bosco quattro uomini, vestiti di tutto punto. Avevano in mano strani strumenti e carte geografiche. Alcuni uccelli rimasero ad osservarli appostati nei rami più nascosti e senza farsi vedere poterono udirne i discorsi.

Capirono subito che qualcosa non andava nel verso giusto: c’era aria di pericolo!

Dei quei quattro uomini due erano ingegneri e gli altri due erano geometri. Lo si intuiva perché prendevano misure con i loro strumenti. Tutti parlavano e discutevano animatamente. Il merlo più vicino a loro li sentì parlare di una strada che sarebbe dovuta passare di là e, quindi, della necessità di abbattere molti alberi.

L'uccello si precipitò di corsa dai suoi amici per informarli.

Preoccupatissimi tutti gli uccelli si sparpagliarono per divulgare la brutta notizia a tutti gli altri animali e decidere insieme sui provvedimenti da prendere per ostacolare il malsano proposito.

I caprioli proposero di fare immediatamente una riunione. Quando i quattro indesiderati lasciarono il bosco si tenne il consiglio. Si decise di proteggere tutti insieme la propria casa chiedendo aiuto a Mirco, l'amico di tutti.

Nel pomeriggio quando il piccolo, ignaro, andò nel bosco trovò ad accoglierlo una schiera di animali riuniti:rimase senza parole. Era la prima volta che li vedeva tutti uniti, ma intuì subito che qualcosa non andava.

Nei loro occhi c'era tanto dolore. Rimase in silenzio e poi d'un tratto esordì:

-'' Che succede amici miei? Perché siete così tristi? '' Proferì quelle domande come se stesse parlando ad esseri umani pur sapendo che gli animali non avrebbero risposto e invece... uno dei merli disse:

- '' Questa mattina sono venuti qui quattro uomini: avevano delle carte geografiche in mano e strumenti per misurare. Parlavano di una strada da costruire e di alberi da abbbattere. Noi non vogliamo questo scempio! Tu ci devi aiutare a difendere il bosco, la nostra casa! Dove andremo se qui costruiranno la strada? Aiutaci ti prego! ''

Mirco fu sorpreso nel sentirlo parlare ma capì che, quanto stava accadendo, andava ben oltre la sua possibilità di intervento. Non volendo ingannarli rispose:

-'' Io sono solo un bimbo, non so se mi daranno ascolto! Non posso promettervi nulla, ma farò quanto possibile per aiutarvi. ''

Tutti in coro lo ringraziarono ed egli, preoccupato e pensieroso, tornò a casa. Camminando sentì i paesani confabulare tra di loro: parlavano della strada e da loro, il piccolo venne a sapere che il giorno seguente, nel pomeriggio, quelle quattro persone sarebbero tornate nel bosco per nuovi controlli. Questo mise in allarme il bimbo. Il giorno dopo a scuola né parlò con i compagni e la maestra. Decisero di entrare in azione tutti assieme e così nel pomeriggio , recatisi nel bosco, attesero i quattro uomini. Piano, piano dietro di loro si radunarono tutti gli animali pronti a dar battaglia. I quattro non si fecero attendere a lungo. Giunti nel posto si trovarono davanti una schiera di ragazzi in protesta guidati da Mirco e dalla maetra. E dietro ai bambini una moltitudine di animali, di tutte le razze, che guardavano con occhi tristi. Si resero conto dell'errore che stavano commettendo. Chiesero scusa a tutti i presenti con la promessa, che quel bosco non l'avrebbero mai toccato. Tutti esultarono di gioia per aver salvato quel luogo tanto caro.

Naturalmente la strada venne costruita lo stesso, ma lontano da quel luogo e così gli animali vissero felici e contenti nel loro habitat preferito.

 

 

Una lezione da imparare.

 

Erano secoli, che l'uomo faceva da padrone sulla terra e la terra soffriva sempre di più. Gli animali erano stanchi per come venivano trattati, tanto che Re Leone, il Re di tutti gli animali, che viveva in Africa nella immensa savana, riceveva proteste da ogni luogo della terra: tutti gli animali facevano riferimento a lui.

Un giorno, stanco di questi reclami, con un potente ruggito comunicò a tutti la decisione di indire una riunione nella '' Grotta degli animali ''.

La notizia si diffuse con un passaparola in ogni parte mondo.

In breve tutti si ritrovarono all'ingresso della grotta ed attesero l'arrivo di Re Leone. Senza di lui, la riunione non si poteva svolgere. Con qualche minuto di ritardo, il Re, si presentò avvertendo tutti del suo arrivo con il suo noto e potente ruggito.

Dopo averli salutati entrarono nella grotta e presero posto. Re Leone stava al centro e tutti gli altri gli facevano da quadrato intorno. Per un momento ci fu silenzio. Stranamente, a farsi avanti per primi, con il loro ragliare, fuorono gli asini. Il loro portavoce espose il problema:

-'' Maestà! A nome di tutti gli asini le porgiamo il nostro saluto! '' fece una breve pausa accompagnata da un inchino e poi proseguì: -'' Noi asini siamo venuti a reclamare, perché da secoli l'uomo ci sfrutta facendoci lavorare come bestie. Sopra la nostra schiena ci caricano pesi insopportabili, che dobbiamo portare lungo sentieri e strade toruose. Non le dico la fatica che proviamo e quante frustate ci danno se tentiamo di ribellarci. Maestà... siamo stufi di questa vita! Abbiamo diritto di vivere i nostri giorni con serenità! '' Il Leone rimase impassibile e non espresse giudizio.

Fu poi la volta dei maiali:

-'' Anche noi maiali siamo stanchi della vita che facciamo! Gli uomini ci danno da mangiare di tutto, per farci ingrassare a più non posso e poi... beh! Sapete bene che destino ci tocca! ''

Il Leone ascoltava in silenzio e poi toccò alle mucche dire la loro:

-'' Noi, sembriamo libere perchè pascoliamo nei prati che solo in apparenza sembrano puliti. L'erba ha un sapore strano e qua e là si trovano sacchi di plastica con

dentro spazzatura e immondizia sparsa, buttata da chi passa lungo la strada. Non è possibile andare avanti così! ''

- '' Voi vi lamentate per così poco! Cosa dovremmo dire noi uccelli, che voliamo nel cielo e respiriamo l'aria inquinata? Sapete quanti di noi sono morti per questo motivo? E per non parlare dei cacciatori che ci sparano per divertimento! Non è facile vivere così! ''

-'' E noi pesci, allora? Sapete che il mare è diventato una discarica? La colpa è sempre dell'uomo! ''

Il Re della foresta era sempre più perplesso:queste lamentele erano solo una minima parte. La situazione era davvero grave.poichè le proteste giungevano da ogni angolo della grotta.

Tutti i continenti della terra presentavano, più o meno, gli stessi problemi per le varie specie di animali. Nella Grotta c'era un gran vociare e al povero Leone iniziava a dar

fastidio tutto questo tumulto di voci. Sentiva la testa girare tanto che, ad un certo punto, non ne poté piùed il suo malessere esplose in un potente ruggito che fece

rimbombare tutta la grotta.

Le voci si placarono all’istante e così il Re esplose:

-'' Basta! La volete finire di far tutto questo caos! '' Fece una breve pausa per vedere la reazione dei presenti e li vide tutti ammutoliti. -'' So bene com'è la situazione! Tutti i giorni la vivo con i miei occhi e come se non bastasse, da ogni parte della terra vi troviate, mi giungono le vostre lamentele. L'uomo con la sua civiltà sta distruggendo noi, la terra, l'aria, foreste, praterie, boschi e se stesso. È ora di porre fine a questa distruzione e l'unico modo che abbiamo per farlo è lottare. È ora di rivoltarci contro chi ci fa del male. È l'ora della nostra rivolta! '' disse il Re.

Tutti furono concordi e così ,carichi di coraggio, uscirono insieme a combattere per i propri interessi. Erano fermamente decisi a fermare il processo di distruzione che l'uomo aveva avviato. Nel frattempo, gli uomini avevano sentito che nell'aria c'era qualcosa di insolito: in giro non si vedeva traccia di nessun animale. Erano tutti spariti e questo li mise in allarme, tanto che tutti insieme andarono a cercarli. Non fecero molta strada: ad un certo punto si trovarono di fronte ad un gruppo cosi variegato di animali. In testa c'era Re Leone, che dette ordine ai suoi compagni di fermarsi. Senza timore avanzò verso gli uomini: si era preso l'incarico di fare da portavoce. Non appena fu vicino agli uomini epose loro lamentele e argomentazioni

-“' Noi siamo qui per protestare, ma lo vogliamo fare in modo civile, senza violenza. Abbiamo terminato da poco la nostra riunione. Ho ascoltato le lamentele di tutti e devo dire che la situazione è grave. State distruggendo noi e il Pianeta in cui viviamo. Dobbiamo fermare tutto queto scempio! '' fece una breve sosta e uno degli uomini presenti intervenne:

-'' Questo lo sappiamo! Ma che cosa ci possiamo fare se le cose vanno così? Non possiamo mica frenare la civiltà! '' Il Leone riprese il suo intervento:

  • '' So anch'io che la civiltà non si può fermare, ma per salvare la Terra bisogna iniziare a rispettarla. Bisogna ridurre l'inquinamento. Dovete anche rispettare

    -noi animali. Basta ucciderci per divertimento o per le nostre pellicce oppure per avere le zanne di rinoceronti ed elefanti per farne souvenir.

Basta trattarci come bestie! Siamo esseri viventi anche noi! Imparate a rispettarci! '' si fermò e guardò la folla umana davanti a sé. Erano tutti in rispettoso silenzio.

Li aveva colpiti con il suo discorso e allora era meglio riprendere la parola per concluderlo:

- '' La Terra e ogni forma di vita esistente in essa è un bene di tutti: va conservato nel migliore dei modi, perché chi verrà dopo di noi possa godere delle sue ricchezze come fecero i nostri avi e come stiamo facendo noi. Invece di distruggerla salviamola! Invece di farci la guerra proteggeteci! Uniamoci e insieme salviamo il mondo, patrimonio dell'intera umanità! ''

Re Leone terminò, così, il suo discorso. Calò un grande silenzio. Le sue parole colpirono gli uomini presenti, al punto, che si vergognarono di tutte le loro azioni. Non c'era bisogno di proferire alcun discorso se non chiedere perdono a tutti gli animali. Fu, così, che l'uomo imparò la lezione e da quel momento in poi si dette un gran da fare per salvare la Terra e ogni sua forma di vita.

 

 

Ogni cosa al suo posto.

 

Era una giornata d'inizio primavera: la maestra Marilena, nel pomeriggio, decise di fare una bella passeggiata nel bosco perchè sentiva il bisogno di immergrsi nella natura. Ma lo spettacolo a cui andò incontro la lasciò senza parole. Passo dopo passo, avanzava sconcertata: lungo il sentiero c'era davvero di tutto e fra sé si domandava chi avesse avuto il coraggio di comportarsi in quel modo così incivile.

Al ritorno dalla sua camminata, decise di mettere al corrente il Sindaco della città, che si attivò subito e andò sul posto accompagnato dalla maesta per verificare la situazione. Decisero quindi di programmare, per il fine settimana, una giornata ecologia, con il coinvolgimento di tutta la scuola. A detta del Sindaco era un modo per insegnare alle future generazioni il rispetto per la natura e l'ambiente.

La scuola accolse questa proposta con grande interesse ed entusiasmo : durante le lezioni che precedettero l'evento fu illustrato a tutti il modo corretto per tener pulito il bosco. Fu anche spiegato cosa bisognava fare con l'immondizia che sarebbe stata raccolta. Con quelle lezioni i bambini impararono, così, che ogni oggetto raccolto deve essere riposto nei diversi contenitori.

Tutto il materiale doveva essere diviso: il ferro con il ferro, la plastica con la plastica, la carta con la carta, il vetro con il vetro e via via. Tutti ascoltarono con passione queste lezioni e, una volta a casa, i bambini insegnarono ai loro genitori come dividere l'immondizia. Era quello che il Sindaco sperava. Alla fine, tutta la città ne parlava in modo positivo ed egli fu molto soddisfatto. Finalmente arrivò il momento di mettere in pratica ciò che avevano imparato. Quella domenica tutti si alzarono di

buon mattino: la giornata era davvero invitante ! C'era un bellissimo sole e l'entusiasmo, da parte di tutti, non mancava.

Un po' alla volta si ritrovarono davanti al bosco. Armati di sacchi e bastoni con la punta, si inoltrarono lungo il sentiero. Fra gioco e serietà, il bosco venne ripulito da cima a fondo. Furono raccolti tantissimi sacchi d'immondizia ed ogni cosa era stata divisa in modo corretto. La carta raccolta venne portata alla cartiera, che una volta lavorata, produsse ancora carta. Il vetro andò nella fabbrica del vetro. Lì venne fuso e da esso nacquero nuove bottiglie, vasi, bicchieri e vari oggetti. L'alluminio venne anch'esso lavorato e furono costruiti nuovi oggetti. La plastica seguì la stessa sorte e così i ragazzi imparorono, che se ogni cosa viene messa al posto giusto, può essere reciclata e dare vita a nuovi oggetti.

L'importante era imparare … a mettere ogni cosa al suo posto, per aiutare la natura, rispettare l'ambiente in cui viviamo e inquinarlo il meno possible.

La terra è di tutti: è nostro dovere lasciarla incontaminata per le generazioni che verranno perchè possano, a loro volta, godere della bellezza e ricchezza del nostro pianeta.